I Dormienti di Efeso

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Miti e leggende
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La leggenda dei Dormienti di Efeso compare per la prima volta in Occidente nella "Passio sanctorum septem dormientium" di Gregorio di Tours, che è un adattamento in latino di una di una omelia metrica del vescovo siriano Giacomo di Sarug. Successivamente riadattata nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze (nel XIII sec.), forse la versione più famosa del mito perchè la più conosciuta. Tuttavia si può dimostrare che entro la fine del VI secolo la conoscenza del mito si espande in tutta Europa e nel Medio Oriente e che la sua conoscenza così vasta, si fa risalire alla composizione in una sola generazione a partire dell’evento stesso.La tradizione dei dormienti non è esclusiva del mondo cristiano. Anche nell'Islam essa ha un ruolo centrale, essendo il racconto che dà il titolo ad una sūra del Corano, la diciottesima, detta per l'appunto "sura della caverna". La sura, tra le più rilevanti, contiene altri due importanti nuclei narrativi: uno dedicato al profeta Elia (Khidr) e una ad Alessandro Magno (Dhu al-Qarnayn).Se il Cristianesimo sottolinea il miracolo della resurrezione della carne dopo il sonno profondo in cui essi cadono, nel Corano la prospettiva è più francamente etica e teologica, pur non andando perduto il primario motivo della resurrezione.La vicenda, più che narrata, vi è presupposta nelle grandi linee e come commentata nei due momenti centrali: il rifugio nella Caverna, e il dubbio che, dopo il risveglio, coglie i giovinetti circa la durata della loro permanenza nell'antro. Non chiarisce nemmeno quanti fossero i giovani, ma di una cosa è sicuro: con loro c’era un cane.

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