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Judith Shklar: il liberalismo della paura - Giovanni Damele
La ventiduesima video-lezione di “Donne e Pensiero Politico” è dedicata a Judith Nisse Shklar (1928-1992). Nata a Riga da una famiglia di lingua tedesca ma di religione ebraica, sfuggì fortunosamente alla Shoah e nel 1941, dopo un rocambolesco viaggio attraverso Svezia, URSS, Giappone e Stati Uniti, riuscì infine a stabilirsi con la sua famiglia in Canada. Tipica esponente dell’emigrazione intellettuale europea in Nord America, fu allieva ad Harvard di Carl Joachim Friedrich (1901-1984) e, sempre ad Harvard, fu tra le prime donne a ottenere un incarico di docenza. L’esperienza della persecuzione e della fuga costituiscono un tema centrale della sua riflessione politica, la quale si sarebbe non a caso caratterizzata per il suo realismo o, per usare la definizione di Seyla Benhabib (1950-), per il suo "liberalismo distopico". Tra i suoi lavori più importanti rientra, in evidente contraltare a "A Theory of Justice" (1971) di John Rawls (1921-2002), "The Faces of Injustice" (1990). Qui, richiamandosi a pensatori quali Montaigne (1533-1592) e Montesquieu (1689-1755), Judith Shklar si sarebbe fatta interprete di un orientamento perlopiù eccentrico nel panorama anglosassone della seconda metà del Novecento, in quanto, da un lato, rivolto a minimizzare le conseguenze della malvagità intesa come caratteristica immanente alla natura umana e, dall’altro, tendente a escludere ogni orizzonte di estinzione dello Stato e delle sue funzioni. A incaricarsi in maniera particolarmente efficace della ricostruzione del pensiero politico di Judith Shklar è Giovanni Damele, docente di filosofia politica presso la Facultade de Ciências Sociais e Humanas dell’Universidade Nova di Lisbona.